La guerra interiore (e non solo) di Dante
- Ludovica Sophia Carugo & Giulia Saccone
- 11 apr 2022
- Tempo di lettura: 4 min
La morte di una persona cara è da sempre argomento della letteratura, ricordiamo la morte di Silvia per Leopardi, la morte di Giovanni, fratello di Foscolo e la morte del padre di Pascoli, ma una delle morti più importanti della letteratura italiana e senz'altro quella di Bice di Folco Portinari, nota semplicemente come Beatrice. Sappiamo tutti di chi stiamo parlando, allegoria della beatitudine, Beatrice è senz'altro l'esempio più eclatante della donna Angelo, tipica figura del Dolce Stil Novo. Dante parlerà di lei moltissimo all'interno delle sue opere e addirittura gliene dedicherà una: la Divina commedia.
Già nella Vita Nova troviamo il contenuto amoroso che vede protagonista l'amore tra Dante e Beatrice, un amore tormentato e sofferente nonché un amore platonico che però sarà un'esperienza altissima che il poeta ricorderà per sempre. La Vita Nova è un'opera composta in gran parte da liriche che Dante deciderà di raccogliere in un unico libro dopo la morte della sua amatissima Bice. Dopo un periodo in cui si allontanerà dalla sua donna angelo per rivolgere il suo amore verso un'altra donna, verrà riportato sulla retta via da Beatrice che gli appare in sogno. Dante così, preso dalla forte emozione, deciderà di abbandonare la stesura della Vita Nova per dedicarsi a un'opera che raccogliesse e che manifestasse tutto l'amore per Beatrice e si augura addirittura di vivere abbastanza a lungo per "dicer di lei quello che mai fue detto d'alcuna".
Nella Divina Commedia Dante dovette far fronte a diverse difficoltà che spesso sembravano insormontabili, ma il gioco valeva la candela. Alla fine del Purgatorio Virgilio dovette affidare Dante ad un essere superiore che lo potesse guidare fino al cospetto di Dio poiché il poeta classico non aveva ricevuto il battesimo e quindi non poteva accedere al Paradiso. L’essere superiore in questione è Bice, la donna che il poeta amò con tutto se stesso.
“Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte orïental tutta rosata,
e l’altro ciel di bel sereno addorno;
e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l’occhio la sostenea lunga fïata…”
Questi sono i versi in cui, dopo tanto tempo, Dante rivede Beatrice, ammaliato dalla sua bellezza. Ogni volta che la rivedeva gli sembrava sempre di vederla per la prima volta, le emozioni erano sempre le stesse.
Addirittura arriverà a pensare che Dio avesse adornato con un altro sole il cielo, per quanto la bellezza della sua amata risplendesse e lo illuminasse, quasi ad accecarlo.
Dunque,dopo tutte queste emozioni così forti, dovo aver sognato Beatrice, aver scritto di lei e aver dedicato a lei intere opere, Dante sa anche della morte della sua amata, avvenuta nel 1290 probabilmente causata dal parto.
Il dissidio interiore di Dante è così forte, la morte di una persona cara ti sconvolge la vita, il poeta ha bisogno di qualcuno, o meglio, qualcosa, che lo possa aiutare ad uscire da questa situazione. Il poeta trova conforto nella filosofia; ma ai giorni nostri, come si fa a trovare un appiglio per resistere?
Tutti sappiamo della situazione bellicosa che c'è in Ucraina da qualche settimana, una guerra orrenda (come tutte), una guerra che distrugge e separa, una guerra che fa morire e che non risparmia nessuno, né uomini, costretti a salutare le loro famiglie e a combattere, né donne e men che meno i bambini costretti a scappare per non vivere, o meglio morire, sotto le bombe. Ogni giorno ci sono uomini che rischiano la propria vita e molti altri che la perdono. Molte delle donne e dei bambini che sono riusciti a fuggire dalla zona di guerra non hanno contatti con i mariti, i padri o i nonni rimasti nella loro patria, di conseguenza non sanno se questi stiano bene o, nella peggiore delle ipotesi, siano morti. Spesso all’interno di noi stessi sentiamo quando qualcosa non va, è una sensazione indescrivibile, ma che attiva un meccanismo infinito nel nostro corpo che si chiude a cerchio come un anello per poi ricominciare il giro una quantità infinità di volte, o almeno, quanto basta per farci accendere un campanello d’allarme.
Proprio come Dante, è più che umana ogni reazione di fronte alla morte di un proprio caro, si va fuori di testa, non si ragiona, si piange, si urla e, a volte, si muore, si, si muore, sia dentro che fuori. Morte infatti, è la parola che più descrive la guerra, si muore sotto le bombe, si muore quando si è costretti a lasciare la propria casa, si muore quando devi salutare il tuo ragazzo, giovane, nel pieno dell'amore più puro e tenero perché obbligato ad andare a morire. Si muore quando si è costretti a salutare dei figli senza vederli crescere, a salutare dei padri senza avere più una colonna portante che ti accompagnerà nella vita. La morte è il dolore, il dolore di una madre che vede la dolcezza negli occhi di un figlio per l'ultima volta, il dolore di dover lasciare la propria casa, la propria nazione, il proprio posto felice. La guerra è morte e il mondo è saturo di dolore.
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