Disturbo oppositivo provocatorio: quando i bambini sono arrabbiati, ribelli e ingestibili
- Aurora Di Pofi
- 25 nov 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Nell’ampia categoria dei disturbi del comportamento dirompente troviamo il disturbo oppositivo provocatorio (DOP). Questo, è caratterizzato da una prevalenza nel soggetto di emozioni come la rabbia e la forte irritabilità e da comportamenti sfidanti, spesso aggressivi.
L’incidenza del disturbo subisce variazioni in base al sesso e all’età, ma ricade intorno al 4% della popolazione; frequentemente compare in quei soggetti i cui genitori presentano disturbi dell’umore o storie di dipendenza.

I primi sintomi fanno la loro comparsa in età prescolare e, solo in rarissimi casi, dopo l’adolescenza. Si tratta di caratteristiche comuni a tutti i bambini come l’ostilità alle regole e la tendenza a fare i capricci, che però nel bambino con disturbo oppositivo provocatorio si presentano in modalità esasperate, al punto da compromettere totalmente la costruzione di qualunque relazione sociale. L’animosità di un bambino affetto da questo disturbo è continua e persistente; il soggetto non riesce a rispettare le regole e reagisce con improvvise crisi d’ira dinanzi a divieti e imposizioni da parte delle figure autorevoli.
Osservando i comportamenti degli individui con DOP, siamo facilmente indotti a crearci un giudizio negativo, convincendoci che provino soddisfazione nel danneggiare gli altri, nell’esasperare gli insegnanti e nell’essere temuti da tutti.
È dunque necessario cercare di superare l’apparenza di ciò che essi mostrano e focalizzarsi su ciò che, invece, nascondono.
In questi casi, l’immagine che il soggetto ha di sé non è mai positiva: egli si sente insopportabile, incapace di ottenere buoni risultati e non meritevole dell’affetto degli altri. Spesso questa idea nasce all’interno delle mura domestiche. I bambini interiorizzano gli aggettivi che i genitori gli accostano e si convincono di essere “cattivi”, “insopportabili”, “stupidi”. Quando arriva per loro il momento di creare nuove relazioni, vengono guidati da una profonda diffidenza; sono fermamente convinti che anche chi si dichiara loro amico, conoscendoli realmente, tenderà ad abbandonarli. Per questo, mettono in atto numerosi comportamenti problematici, violenti ed ostili, nel tentativo di mettere alla prova l’interlocutore, per verificare se resterà al loro fianco nonostante abbiano dimostrato chiaramente di essere persone complicate, che non valgono niente.

La terapia per questa tipologia di disturbo è di tipo cognitivo-comportamentale e ha come focus principale, il pensiero che il bambino sviluppa fronteggiando situazioni che percepisce come frustranti. L’obiettivo è quello di fargli raggiungere un buon livello di autocontrollo e di gestione della rabbia, attraverso l’acquisizione di strategie alternative in risposta alle situazioni sfidanti. Come distinguere tra un bambino vivace e un bambino con disturbo oppositivo provocatorio? Il DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) descrivendo il disturbo fa riferimento alla persistenza dei sintomi quali umore collerico, polemico e provocatorio/vendicativo per almeno sei mesi e in diversi contesti sociali. Non esistono test per la diagnosi del Disturbo oppositivo provocatorio. La valutazione è clinica e prevede test sulle funzioni esecutive (attenzione, memoria, impulsività ecc.) che vengono presentati al soggetto da un neuropsichiatra infantile o da uno psicologo. Disturbo oppositivo provocatorio e scuola: La presenza di un alunno con disturbo oppositivo provocatorio in classe rappresenta per gli insegnanti una grande sfida, che va affrontata principalmente attraverso un’ottima gestione delle proprie emozioni. Il bambino tenderà infatti a sfidare in ogni modo l’autorità, ad esasperare i docenti con atteggiamenti irrispettosi e di rifiuto. Il primo errore da evitare è quello di cedere alla provocazione, rispondendo alla posizione ostile con la medesima modalità comunicativa. È fondamentale tenere a mente che il bambino non si comporta così intenzionalmente, che non risponderà ai nostri rimproveri positivamente, in quanto non è in grado di mettere in atto pattern comportamentali funzionali. Se da adulti, cediamo alle provocazioni, andremo ad innescare quello che viene chiamato “ciclo disfunzionale”, in cui i due soggetti si trovano in competizione e in simmetria, rispondendo gli uni agli altri con aggressività. Nel rapportarsi con soggetti che presentano tali problematiche bisogna, al fine di ottenere buoni risultati, stabilire delle priorità sui comportamenti che desideriamo annullare. Sicuramente, gli episodi di violenza sugli altri o su sé stessi andranno trattati più tempestivamente rispetto a quelli di inappropriatezza verbale. Lavorando sugli aspetti più problematici, automaticamente si risolveranno col tempo anche quelli meno importanti. Vanno assolutamente evitate punizioni stringenti ed umilianti, che hanno come unico risultato quello di far crescere nel bambino risentimento e rabbia. Quali strategie? Il primo passo da compiere è la costruzione di un rapporto significativo. Se si mantiene un ruolo distaccato e autoritario, il bambino sarà sempre lontano e vedrà nella figura adulta un antagonista, qualcuno da cui difendersi. Automaticamente, tutto ciò che gli verrà proposto, sarà rifiutato. Iniziamo quindi, conquistando la sua fiducia, facendogli comprendere che siamo lì per lui, per sostenerlo anche quando sbaglia, per dargli supporto davanti a quelle situazioni difficili da gestire. Ai castighi, vanno sostituiti i rinforzi positivi, nel caso di comportamenti corretti, ricordandoci di impostare per il bambino target raggiungibili e di non sminuire i progressi anche minimi che vengono realizzati. Se l’azione compiuta è molto grave e si rende indispensabile il rimprovero, far sì che avvenga in privato, in modo che non venga metabolizzata nel vissuto dell’alunno come un’umiliazione pubblica. Formulare frasi che si concentrino sul criticare il comportamento errato e non la persona. Risulta molto più efficace evitare la genericità dei discorsi, anche nel rinforzo positivo. Il bambino va lodato per l’azione concreta e specifica Ad esempio, non otterremo grandi risultati se pronunciamo frasi del tipo “Oggi sei stato davvero bravo”, perché c’è bisogno di sottolineare qual è stato il comportamento positivo. Preferibilmente allora diremo: “Sono contento/a che tu abbia rispettato il tuo turno per parlare. Ottimo lavoro”. Vorrei concludere con una frase di Alice Miller “Non esistono bambini difficili, ma solo cattivi genitori e cattivi maestri. L’infelicità dell’infanzia è un prodotto degli interventi errati dell’adulto”
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