Disturbi evolutivi specifici: cosa sono?
- Aurora Di Pofi
- 11 apr 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Nelle scuole italiane, è presente un numero considerevole di alunni con un disturbo evolutivo specifico, che oscilla tra il 5 e il 10%. Si tratta di un dato approssimato per difetto, perché non per tutti i casi di DES arriva una certificazione e perché il riferimento è alla popolazione scolastica complessiva, ma la diagnosi può essere effettuata solamente dopo la seconda primaria.
Nonostante essi rappresentino un tema sempre più diffuso anche nel dibattito pubblico, molto frequentemente la terminologia utilizzata per descriverli è errata e contribuisce ad aumentare la disinformazione.
DIAMO UNA DEFINIZIONE
I disturbi evolutivi specifici sono un gruppo eterogeneo di condizioni morbose che si palesano durante l’età evolutiva (periodo che va dalla nascita ai 18 anni) e che non possono essere certificate ai sensi della legge 104. Tra questi abbiamo:
I disturbi specifici dell’apprendimento- DSA (dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia) riconosciuti dalla legge 170/2010)
Disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD)
Disturbo specifici del linguaggio (DSL)
Disturbo di comprensione del testo
Disturbi dell’area non verbale
Disturbo dello spettro autistico lieve
Funzionamento intellettivo limite (FIL)
Queste situazioni cliniche devono essere diagnosticate da personale sanitario facendo riferimento ai manuali diagnostici.
Nel DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) si parla di disturbi evolutivi specifici quando:
“I risultati ottenuti dal bambino in test standardizzati, somministrati individualmente, su lettura, calcolo, o espressione scritta risultano significativamente al di sotto di quanto previsto in base all’età, all’istruzione e al livello di intelligenza. Essi interferiscono in modo significativo con i risultati scolastici o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura, di calcolo o di scrittura”
La valutazione formale di tali condizioni cliniche non rientra nella sfera di competenza di un docente, la cui osservazione deve limitarsi ad individuare eventuali segnali di rischio. Il suddetto docente ha però, la possibilità e il dovere di conoscere la fenomenologia dei disturbi evolutivi specifici e di essere in grado di attivare delle strategie didattiche mirate ed adeguate.
E’ fondamentale evidenziare che un disturbo è molto diverso da una semplice difficoltà di apprendimento. Quest’ultima non è associabile a una condizione morbosa, ma dipende strettamente dalle caratteristiche della personalità dello studente, dalla sua motivazione e dal contesto in cui agisce e si esprime.
Una condizione di difficoltà può essere transitoria, dunque, risolvibile. Il disturbo è invece innato: accompagna l’individuo per tutta la vita.
L’IMPORTANZA DEL PREFISSO DIS
Disortografia, Dislessia, Discalculia.. sono tutti termini in cui è presente il prefisso “DIS”. Il suo ruolo fondamentale è quello di sottolineare la mancanza di un deficit. Si tratta infatti di disturbi qualitativi e non quantitativi, che agiscono a carico dei processi cognitivi.
Le competenze nei soggetti con disturbi evolutivi specifici sono presenti e numerose, ma sono in un certo modo “disordinate”, la loro funzionalità non è ottimale.
Se consideriamo la scuola come una rappresentazione in scala della popolazione mondiale futura, ci sarà facile comprendere come sia una realtà eterogenea e variegata in cui lo svantaggio non è mai legato solo alla presenza esplicita di un deficit. In ciascuna classe ci sono degli alunni che necessitano di un’ attenzione speciale, che hanno quindi,quello che viene definito un bisogno educativo speciale, per diverse ragioni:
svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento, non conoscenza della lingua e cultura italiana. A questi alunni vanno forniti tutti gli strumenti per contrastare le loro difficoltà, in modo che possano avere un apprendimento efficace.
QUALI TERMINI EVITARE
Ora che conosciamo un po’ meglio i disturbi evolutivi specifici, è indispensabile individuare quali sono le frasi e le parole che non vanno utilizzate per descriverli e per riferirsi ad essi.
Malattia e/o patologia : Questi disturbi sono legati al neuro sviluppo, differiscono dalle malattie perché non possono essere curati e vengono definiti specifici proprio perché interessano solo determinati ambiti e capacità
Persona che soffre di un disturbo evolutivo specifico: Non essendo una condizione patologica, l’individuo con disturbo evolutivo specifico (quale ad esempio la dislessia), non “soffre” della sua condizione, bensì la vive come parte di sé. E’ corretto riferirci a tali situazioni dicendo “è una persona dislessica, disgrafica, con disturbo di iperattività ecc.”
Cura per i disturbi evolutivi specifici: Non possiamo mai parlare di cura o di terapia, perché non è possibile guarire da tali condizioni, ma è più corretto utilizzare termini come “percorso abilitativo per l’autonomia”, “percorso per il potenziamento”.
Conosco un ragazzo DSA: Non bisogna mai svalutare le capacità e la realtà dell’individuo andando ad identificarlo e ridurlo al disturbo.
Da bambino, persona x era dislessica/aveva un disturbo evolutivo specifico: I DES non sono transitori, come tali non scompaiono, né possono essere curati, quindi la persona x, è dislessica/ha un disturbo evolutivo specifico.
UNA STORIA PER CONCLUDERE: Daniel Pennac
“Ero negato a scuola e non ero mai stato altro che questo. Il tempo sarebbe passato, certo, e poi la crescita, certo, e i casi della vita, certo, ma io avrei attraversato l’esistenza senza giungere ad alcun risultato. Era ben più di una certezza, ero io. Di ciò alcuni bambini si convincono molto presto e se non trovano nessuno che li faccia ricredere, siccome non si può vivere senza passione, in mancanza di meglio sviluppano la passione del fallimento”
Diario di scuola
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