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Aggressione alla biodiversità

  • Aurora Ricci
  • 11 apr 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Un modello di sviluppo insostenibile crea le condizioni ideali per l’insorgere di pandemie favorendo lo “Spillover”


Tanti sono gli insegnamenti che l’attuale pandemia avrebbe dovuto lasciarci, in termini sociali, sanitari, economici, ambientali, ma soprattutto avrebbe dovuto invitarci ad una attenta riflessione sull’interconnessione che lega uomo e ambiente.






Guidati dall'egoismo e dalla logica del denaro abbiamo scioccamente creduto che potessimo rimanere sempre sani in un mondo malato, Papa Francesco





L’ipotesi più accreditata sulla comparsa del SARS-CoV-2 nell’uomo vede come protagonista un doppio Spillover (salto di specie) dai pipistrelli al pangolino all’uomo. Eppure non c’è da criminalizzare una natura matrigna quanto piuttosto vanno ricercate e combattute le responsabilità, del tutto antropiche, nel favorire una casualità che in natura avrebbe una probabilità infinitesima di verificarsi. Non stupisce che la pandemia da SARS-CoV-2, come d’altronde molte altre epidemie recenti, sia comparsa a Wuhan, in Cina, popoloso centro nel cui mercato (wet

market) si sarebbe inizialmente propagata l’infezione. Tante persone, tanti animali vivi (di diversa specie, in condizioni igieniche precarie, rinchiusi in gabbie spesso sovrapposte), allevamenti intensivi, commercio di animali esotici: è così che si creano le condizioni ideali per il salto di specie (spillover zoonotici).

Quello del SARS-CoV-2 è un esempio paradigmatico, staremmo sottostimando il problema se lo considerassimo come un unicum della storia recente; andrebbero invece analizzate e contrastate le cause dell’attuale pandemia, per prevenire eventi pandemici che potrebbero presentarsi nei prossimi decenni con una frequenza distruttiva e devastante, mai vista prima.

A causare le zoonosi (malattie infettive che si trasmettono dagli animali vertebrati all’uomo) sono tutte quelle situazioni che vedono compromessa la Biodiversità: deforestazione e frammentazione degli habitat, monocolture intensive, allevamenti intensivi.

È un circolo vizioso che vede come protagonista l’eccessivo consumo di carne: per 100 calorie di cereali si ottengono solo 40 calorie di latte, 22 di uova, 12 di pollo, 10 di maiale, 3 di manzo.

Per sostentare gli allevamenti intensivi servono cereali che alimentino gli animali, si presenta quindi la necessità di vaste aree da coltivare con monocolture intensive, bisogna fare spazio: deforestare.

Una foresta è un ecosistema stabile. All’interno di ogni ecosistema le specie e gli agenti patogeni sono tra di loro in equilibrio coevolutivo, la Biodiversità di un ecosistema ne garantisce l’effetto tampone (diluizione). Con la deforestazione e quindi con la frammentazione degli habitat l’uomo rompe l’equilibrio ed entra in contatto con i primati, gli agenti patogeni fuoriescono dal proprio spazio di vita e si

diffondono in assenza di competitori. Tanto più frequenti i contatti inter-specifici, tanto più probabile lo spill-over.

Deforestazione, monoculture e allevamenti intensivi sono pratiche responsabili di 1/3 delle emissioni di gas serra globali. Un modello di sviluppo che si sostenta grazie a queste pratiche è insostenibile e profondamente autodistruttivo per l’uomo: aggredisce la biodiversità, favorisce l’insorgere di pandemie, contribuisce in maniera determinante al riscaldamento globale.

La specie Homo Sapiens rappresenta un un unicum nella storia biologica del pianeta Terra, abbiamo smesso di adattarci al cambiamento (evoluzionismo darwiniano) per essere fautori di un cambiamento al quale probabilmente non saremo in grado di adattarci. Abbiamo causato l’estinzione del 30%/40% delle specie viventi presenti sulla Terra e, insieme all’alce irlandese (capace di farsi crescere corna tanto grandi da non riuscire a fare praticamente più nulla), siamo l’unica specie che sta favorendo la propria estinzione (“the self-endangered species”), solo che a differenza nostra, l’alce non ha gli strumenti per rendersene conto, la nostra è una scelta consapevole.

Esiste una via di salvezza? Un modo per mettere un freno al nostro modello di sviluppo suicida?

Forse sì, TUTELARE la Biodiversità.


La parola Biodiversità deriva dalle parole bios (dal greco: vita) e diversitas (dal latino: differenza, varietà), può essere quindi definita come la ricchezza di vita sulla terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera. Oltre un terzo degli alimenti umani - dai frutti ai semi ai vegetali - verrebbe meno se non ci fossero gli impollinatori (api, vespe, farfalle, mosche, ma anche uccelli e pipistrelli). Ci sono 130 mila piante a cui le api sono essenziali per l’impollinazione. Le api sono essenziali per la nostra sopravvivenza e il declino che stanno subendo negli ultimi anni a causa dei pesticidi e della degradazione degli habitat è drammatico e ci induce ad una seria riflessione sulle nostre abitudini e sulle nostre scelte.

Cosa ci ha devvero insegnato la pandemia? Esiste una connessione intima che lega gli abitanti della terra gli uni con gli altri e alla terra stessa. Per anni l'uomo ha preteso di porsi al centro di un Ecosistema che non vede padroni e schiavi. Oggi quell'interconnessione va compresa e rispettata, coltivando la fratellanza. Basterebbe riuscire a guardare il mondo con gli occhi genuini e puri di un fanciullino, per meravigliarci ancora ed ancora contemplando il sublime. La natura ci insegna la Resilienza: come nuova generazione abbiamo il dovere di rompere gli schemi, un fiore tra l'asfalto!


 
 
 

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